martedì 24 dicembre 2013

Tutta colpa di Walt Disney

Sarà stata forse colpa delle favole che ci raccontava la mamma quando eravamo piccole.
E, anche se la mia di favole non me ne ha mai raccontate, a colmare quelle lacune ci pensavano i Vhs della Walt Disney. Ne avevo a palate di videocassette, pochissime quelle originali. Fra le mie preferite c'erano indiscutibilmente "La Sirenetta" e "La bella addormentata nel bosco". Avevo una vera e propria fissa con le sirene: le disegnavo di continuo, avevo bambole e Barbie e mi ero persino fatta l'abbonamento alla rivista de La Sirenetta. Lo confesso e non me ne vergogno, infondo... tutti abbiamo un passato (ah, mi piacevano moltissimo pure i Little Pony... che fighi!).






[Meglio che mi trattenga che ho la tentazione a infilarci dentro quarantamila immagini di Ariel&co]

Quindi la colpa è solo di Walt Disney se la nostra è una fervida IMMAGINAZIONE e siamo portate a fantasticare e a farci (questa odierna piaga sociale de)i famosi "film in testa".

La cosa divertente è quando il tuo film preferito, quello che incarna ogni più piccolo dettaglio della tua storia d'amore perfetta, una sera di Dicembre, lo incontri in un locale a Padova.
[E, per chi se lo stesse chiedendo, no, il locale a Padova non era un acquario e no, non ho conosciuto un Sirenetto. Il locale non è nemmeno il FishMarket, per quanto divertente e appropriato sarebbe stato, vista questa mia mania. Sì, a Padova esiste un locale che si chiama FishMarket ed è anche molto carino].


...IL FILM...

Crescendo, la fissa è passata dalle Sirenette ai flosofi (non chiedetemi quale sia stato il gap). 
Fin dalle medie nutrivo una profonda curiosità nei confronti della filosofia, mi piaceva come parola forse, ed ero trepidante al pensiero che il 3° anno di Liceo, avrei finalmente potuto studiarla.
Perciò nel Mulino che vorrei, non ce sta Banderas, ce sta più un Nietzsche, ovviamente più carino. Lui con sta faccia qui mi mette un pochetto in soggezione. No, anzi, mi fa vera e propria paura.




Sarà stata anche colpa di Guccini e del fascino di passare "quelle sere d' estate sapevan di vino e di scienza" e delle atmosfere alla Via Paolo Fabbri 43.

Location:
Venezia. Forse questa una reminiscenza di "In fondo al mar". Non lo so, ma io amo profondamente questa città e non importa se è banale, ma non vado a scrivere che amo Busto Arsizio solo perchè è meno Mainstream. E poi a Busto Arsizio non ci sono mai stata.
Nei miei film c'è una barca che prende il largo verso la laguna, io stesa a prendere il sole e lui a leggere ad alta voce qualche brano di Kant, di cui, naturalmente, capirei poco o niente.
Nei miei film c'è una camera al terzo/quarto piano di una vecchia palazzina gotica, c'è una finestra aperta dalla quale entra forte la luce del sole, dove un poco di vento muove le tende bianche e leggere. Dove si sentono le campane suonare in lontananza e noi lì stesi a letto. Col gatto. Anzi con la mia Giulia.



Poi scopri che lui esiste e che lui è anche molto, ma molto carino. Anzi, un figo da paura. Che lui ha studiato filosofia e che ora fa l'insegnante per bambini con problemi. Che lui è un Veneziano doc e che possiede anche la barca. Che lui è il direttore artistico di un locale underground e ha una conoscenza musicale sconfinata. Che lui indossa le Clark. Che anche lui ha una gatta. 
Che lui è troppo. Perfetto. Per me. Cazzo.










venerdì 15 novembre 2013

Baci

[info pre lettura: userò nomi del tutto inventati, perchè dal momento che le vie del web sono infinite, non vorrei che qualcuno dei sotto citati ex legga e magari si offenda. E sì, i nomi che mi sono venuti in mente sono del tutto assurdi]

Il primo bacio in genere non si scorda mai, mai, mai, mai.
E per me sta cosa è vera, io il primo bacio me lo ricordo anche piuttosto bene, come tendo a ricordare il primo bacio che ho dato a tutti quei ragazzi che sono venuti dopo. Attenzione alla parola tendo.





Tendo, perchè se mi concentro un po' allora metto a fuoco quella volta che ho baciato lui e lui e lui e lui... e forse li ricordo, perchè non sono poi così tanti i ragazzi che ho baciato.
Tendo perchè ci sono dei primi baci che si ricordano meglio di altri, perchè quel bacio magari lo si era desiderato tanto o al contrario è stato totalmente inaspettato. Perchè è stato molto bello, perchè è stato molto brutto. Perchè ha fatto scattare quella cosa che non si credeva ci potesse essere e invece, puf! una rivelazione.

Tendo perchè alcuni di quei baci li vorrei dimenticare, alcuni perchè vorrei poter annientare il ricordo di quel ragazzo, altri perchè del tutto insignificanti, altri perchè "oddio... ma che stai combinando lì dentro???".





E così è arrivato il primo bacio di questo ragazzo bellissimo, ma impacciato al punto di chiedere: "beh... io azzarderei un bacio." Come se ad un ragazzo del genere glielo si potesse negare, il bacio.
Uno dei più teneri, timidi ed impacciati, ma... ecco la rivelazione: non c'era quel che.
Un bacio al sapor di niente.


Invece un fortissimo "certo non so che" l'ho provato con Glauco, un bacio che mi è stato letteralmente implorato per una notte intera. Non vi nascondo che i mesi in cui ci siamo frequentati prima che accadesse, la tensione fra noi è sempre stata tanta, c'era dell'elettricità nell'aria. Proprio che solo nei film e invece....
Con lui i baci più belli, non c'è mai stata volta in cui non fossero dannatamente perfetti e voluti e piaciuti.


Dopo Glauco è stata la volta di Milo. Anche lì c'è stato un crescendo continuo di tensione, fino a quando, inscenando la farsa di un massaggio alle spalle si voltò baciandomi all'improvviso.
I baci con lui sono sempre stati strani, a volte erano perfetti, altre volte erano orribili, mai una via di mezzo.
Memorabile un bacio tecnica "picchio". Poi quella che baciava male ero io.

Ah, lui risiede fra quelli che vorrei cancellare.

Poi il bacio dimenticato, forse perchè Gerardo quella volta aveva portato una bottiglia di vodka, fatto sta che non lo ricordo, la situazione sì, ma il bacio no,

come non ricordo nemmeno il bacio con Fermo.
Baci e persone non importanti mi sa. Anzi di sicuro.




Poi il bacio con quello che forse gli piacevo pure parecchio ed il contorno è stato anche molto romantico. Ma il contorno emotivo mio non era sulla stessa linea d'onda, così come il contorno alla sua situazione. Fatto sta che il bacio con Lino è stato noioso e imbarazzante.



Dopo Lino è stata la volta di Vinicio. Anche lui bellissimo, forse addirittura più del primo.
Un bacio dato ad uno sconosciuto, un bacio "why not?", un bacio per passare il tempo, che tanto di meglio non c'è da fare e lui sì, è decisamente tanta roba, che il treno è meglio prenderlo, perchè passa una volta sola. Divertente. Un'adolescenza tardiva, forse per sentirsi forevvah young.



[Ammetto che questo post l'ho scritto solo per il piacere di pubblicare il bacio della manifestazione di Vancouver e per scrivere nomi divertenti]


giovedì 17 ottobre 2013

A volte basta poco

Ebbene anch'io ci sono dentro. Dentro a quel meccanismo da finto intellettuale dove il fatto di ascoltare musica che diverge un attimo da quella che passa alla radio ti fa credere di ascoltare musica meglio, perchè appunto tu quella musica lì che piace a tutti la snobbi.
Snobbi in genere tutto quello che piace ai più, i più che definisci massa. E tu con la massa mica ti ci vuoi mischiare e allora cerchi di creare una tua formula che permetta di essere diverso e tirartene fuori, dalla massa. Allora ascolti la musica Indie, il new wave, i grandi che hanno fatto la storia della musica come i Beatles e i Pink Floyd, mica quella merda lì di Rhianna. 



E tu, solo e soltanto tu sai distinguere cos'è buono da ciò che fa schifo e se qualcuno viene a dirti che a lui piace Lady Gaga lo guardi con quel sorriso di sufficienza e pure un poco lo compatisci. Lo giustifichi solo nel caso in cui sia gay. Perchè se uno è gay e ascolta Lady Gaga allora va bene, perchè la Germanotta è la nuova Madonna e Madonna è IN. David Bowie è IN, i The Cure e i Talking Heads anche. I Queen, indubbiamenete bravi, ma già troppo popolari, quindi non li si prende in considerazione.

E questa cosa scritta qui sopra ovviamente vale anche per i libri. Ti raccontano che stanno leggendo il nuovo libro di Fabio Volo, o quello di Faletti o (se vi va proprio male) Kinsella o (sì, al peggio non c'è mai limite) 50 sfumature di qualcosa (n.b. Harry Potter IN). Loro parlano e tu intanto cerchi di sforzarti a non dare voce a quello che la tua testa sta pensando, ovvero: "Ah, perchè quelle sarebbero letture?". Perchè anche qui, ovviamente ci sono gli scrittori CULT: Palaniuk, Welsh, Pasolini, Calvino e (squillino le trombe) Bukowski. 


E anche qui sorridi malignamente al pensiero di tutte quelle persone che leggono I love shopping, poi entrando in Wikiquote e pubblicano su facebook stralci di sue frasi che nulla hanno a che vedere con ciò che loro sono e la loro vita è.
E sì, la domandina me la faccio anch'io e cioè: "Perchè, io, FORSE, ho PIU' DIRITTO ad essere autorizzata a leggere sti libri e magari citarne anche qualche passaggio?"
La risposta è chiaramente NO.

E pensando a quanto sono snob (quando non avrei il minimo diritto ad esserlo) la vignetta di Zerocalcare "mi ritorni in menteeee... bella come sei" (Lucio Battisti... IN), qui il link, consigliatissima la lettura.

Così a volte capita che basta davvero poco per nutrire un profondo sentimento di stima nei confronti di qualcuno che conosce Gondry. Che ha letto Anna Kerenina. Che ascolta i Radiohead.
Cose che in realtà sono le basi su cui gettare le fondamenta dell'essere "alternativo" (si prenda con le pinze sta parola), perchè appunto (quasi) tutti gli alternativi conoscono le suddette cose e le apprezzano, quindi... si torna punto a capo. Si torna a far parte della massa. 

Così capita che quando conosco un ragazzo che legge qualcosa di diverso dalla Gazzetta dello sport io me ne "innamori". Capita che ci si scambino sorrisi d'intesa con l'insegnante giovane (dal look pseudo punk) d'inglese che conosce Jake Gyllenhaal e che con perfetto accento british ti chiede "Did you like Donnie Darko?" "Strange movie, but i like it" "Yes, me too!". Perchè il fatto che ti sia piaciuto Donnie Darko fa figo, anche se non ci hai capito na mazza. 


E lo stesso vale anche quando nomini Sofia Coppola.
Che poi chi, ripeto CHI, non conosce Sofia Coppola?
Sì, anche il lettore dei libri della Parodi (e forse della D'Urso -MAI avrei immaginato di scrivere quel nome in un mio post) conosce la Coppola.

Ma parlare di ste cose ti fa sentire un poco speciale, che c'è qualcuno che ti capisce ed è speciale proprio come te. Anche se, in realtà, mica c'hai la testa di Augias.

venerdì 4 ottobre 2013

e la banalità del titolo, Ottobre

Che questo post lo intitoli Ottobre è (ormai proverbiale) pigrizia, ma almeno non vado fuori tema,

perchè volevo banalmente raccontare della metamorfosi che mi accade durante il mese d'autunno, dove dalla me "festarola", quella che "usciamo?" "dammi 5 min, tempo di fare la strada!", quella che ogni occasione è buona per uscire, anche se non sono tanto in vena, che poi tanto la voglia mi viene, che basta stare in compagnia e chiacchierare e bere una birra e mangiare un gelato e fare due passi e andare a prendere un coffee e salutare i tedeschi che dopo partono per la Germania e dai che magari è in giro pure quel tipo carino che so che lo troverò lì sicuro e ci sono quelli che suonano e facciamo un giro allo Sherwood e.. insomma importantissimi e improrogabili motivi d'uscire.





[non riesco a caricare il video, dmn! Ad ogni modo, io e Martina, la ragazza del post procedente, stiamo facendo una serie di video in Instagram con hashtag subbacultah. Tutti con la stessa formula: si vede l'ambiente che ci sta attorno, il più delle volte trash, una carrellata quasi a 360° e poi ruotiamo la telecamera verso di noi. Lei (prova a stare) seria, a me viene da ridere.


Vi lascio il link, nel caso foste assaliti da una curiosità mortale (ricordo che è una serie, io vi rimando all'ultimo, ma, se proprio impazzite dalla voglia di vedere anche gli altri inserite #subbacultah in instagram et voilà!]


Ecco, tipo stasera è venerdì e penso "ma chi me lo fa fare di uscire che in casa si sta tanto bene?" e da tutti i motivi che in estate trovavo per uscire, ne trovo altrettanti per voler restarmene a casa, che a casa fa calduccio, che il divano e il plaid e sky e la Giulia (la mia gatta ndr) e che potrei guardare Girls in streaming e che fanno quel film che volevo proprio vedere e che non sono dell'umore e che sono stanchissima e che dovrei/vorrei scrivere qualcosa e che vorrei disegnare e che vorrei imparare a fare dei buoni render e che vorrei leggere che mi mancano poche pagine e che nella lista di cose da fare prima dei 30 c'è la lettura di tutta Alla ricerca del tempo perduto e che sempre in quella lista c'è il fatto di finire un libro e che ovviamente se continuo ad uscire tutte quelle cose non riuscirò MAI a farle.





Ecco, io questa sera vorrei proprio restare a casa e vorrei scrivere un poco, ma poi passo per la cacacazzi di turno, altra scusa e alla fine, ovviamente uscirò.

E vorrei anche avere un ragazzo con cui stare a casa i giorni d'autunno, buttati sul divano, con il plaid a scaldarci che ggìli abbracci aiutano, ma non bastano, perchè il riscaldamento non è ancora acceso e fuori il cielo è grigio, ma non piove. Sì, insomma, perchè è autunno. Che poi il fatto di innamorarmi è un'altra cosa che ho in quella famosa lista, che poi in quella lista ci sta scritto che anche lui deve essere innamorato follemente di me. Però ho fatto un errore, io, in quella lista, ho annotato ad # innamorarmi follemente e in un altro #essere amata follemente e, a pensarci bene posso già depennarle entrambe le cose, che io tanto mi sono già innamorata troppo ben due volte e una volta sono stata troppo amata. Peccato che mi sono sbagliata, perchè non le ho messe assieme quelle due cose e non ci ho aggiunto qualcosa come contemporaneamente.

Poi ho letto una cosa che è vera e anzi le cose lette sono due e allora mi è venuta in mente la Legge dell'attrazione, una legge che mi spiegò una volta il mio caro amico Pavo. Perchè sto scrivendo di getto, cosa che non faccio mai, una specie di susseguirsi di pensieri e, insomma questa stesura, questo "stile" (narrativo) non mi appartiene e lo sto rubando ad altra roba letta in giro. Che scrivere così, però fa molto blog alla moda e non dite il contrario.
Tornando alla legge dell'attrazione, che non vi spiegherò, fatto sta che ho letto dapprima un articolo meraviglioso sugli esercizi di stile e di come un racconto su di un tema X viene ipoteticamente affrontato da 5 scrittori diversi e, applausi sentitissimi (ma da male alle mani) per l'autore che effettivamente pareva di leggere proprio quegli scrittori lì (io ne ho letti na media di 3/5, ma poco importa).
Poi su LaRepubblica, domenica leggevo, forse un articolo di Batterzaghi che spiegava ancora questi esercizi di stile e di come sia facile la "contaminazione stilistica" dopo aver letto uno scrittore, ma lui parlava di scrittori con la Esse maiuscola, faceva i nomi di Levi e Gadda, così, tanto per intenderci.
Mentre io faccio quasi un passo indietro e mi contamino della scrittura compulsiva dei blogger, anzi delLE.
Chissà come mai Dostoevskij non mi faccia questo effetto, eppure sto leggendo L'idiota (da una vita, ma se non lo finisco è solo colpa della troppa mondanità), ma probabilmente se scrivessi come lui, con tutto rispetto parlando, il mio bacino d'utenza precipiterebbe terribilmente.
Chiudo sta parentesi noiosissima di sto flusso di pensieri, che non mi/vi porta da nessuna parte, ma che per lo meno, se avete clikkato sul link di quel Quit the doner, vi ha permesso di leggere qualcosa di veramente figo.

Fatto sta, che siccome sono già troppo cacacazzo per trovare un moroso, che io quelli che mi vogliono manco li vedo e che se non hanno qualche segno di squilibrio "gli manca quel che" che serve a farmeli piacere, oh bene. Almeno con gli amici evito di fare la cacacazzo e sì, adesso vado a prepararmi che sì, alla fine esco. Che tanto il moroso, appunto, non ce l'ho.

martedì 17 settembre 2013

Ed una bravissima amica artista - Martina Melilli

Questo post lo dedico ad una mia cara amica, (la) Martina,
visto che a breve alcuni suoi scatti saranno raccolti ed esposti in un progetto fotografico dal titolo "WALK #2", a Bruxelles.


Come mai proprio Bruxelles...

Lei, Martina (qui il suo sito personale nel quale trovare l'intera biografia e vedere alcuni dei suoi lavori), ci ha abitato per tre anni in parte per un progetto Erasmus (completa gli studi alla Sint Lukas Hogeschool ) e successivamente per un tirocinio, sempre legato al mondo universitario e qui, nella capitale belga è riuscita a farsi campo nel mondo artistico attraverso svariate collaborazioni, in particolare con la piattaforma artistica  Auguste Orts.



Il progetto

Il progetto nato da due fotografi belgi, Aurore Dal Mas e Sebastien Marcq, prende il nome di Walk #2. Il titolo stesso suggerisce il carattere di questa mostra: una passeggiata nel quartiere di Ixelles dove poter scoprire differenti spazi che ospiteranno differenti giovani artisti selezionati ad esporre in questa mostra un po' "atipica".
Il filo conduttore che lega questi giovani artisti fra loro è quello delle Prime visioni, prime visioni che vengono intese anche nel lavoro scelto per questa mostra e che viene esposto per la prima volta.

Martina per la mostra ha voluto giocare con questo tema attribuendogli diversi significati, alcuni dei quali anche un po' contrastanti fra loro, quasi degli ossimori.
La sua scelta è stata quella di esporre degli scatti fotografici fatti durante un viaggio a New York, immagini che hanno fermato la sua prima impressione della città, la prima volta in cui vi è atterrata.
Fotografie scattate attraverso l'impiego di una macchina fotografica usa e getta, dove anche attraverso questa scelta ritroviamo il tema delle prime visioni: la prima visione anche, di quella foto stessa, dovuta alla distanza di tempo che intercorre dallo scatto al suo sviluppo (contrariamente a quanto accade nell'immagine immediata che abbiamo attraverso il display di una macchina digitale o di un cellulare). E così, dopo giorni, a volte settimane (altre volte ancora mesi o anni addirittura), ti trovi a guardare quelle foto (per la prima volta) con la curiosità di vedere finalmente il risultato di quello scatto. O con lo stupore di vedere una fotografia che avevi scordato d'aver fatto.
Lo scontro con la prima visione avviene invece nei soggetti da lei fotografati... soggetti che ognuno di noi conosce, quasi delle immagini stereotipate della grande mela, la tipica New York da cartolina. Anche se, vista dal suo punto di vista, nessuna immagine "troppo studiata" o "perfetta".

Ecco che lo skyline di New York che svetta dal fiume Hudson (? boh!) scivolerà un po' verso sinistra.










































Gli alti grattacieli verranno mozzati a favore dello scorcio di cielo che maggiormente le interessava.



















































E' o non è bravissima?
Se vi capita di trovarvi a Bruxelles nelle giornate tra il 16 e il 20 Ottobre, un giro per Walk #2 è d'obbligo.

Gli altri artisti selezionati:

Bertrand CAVALIER / Anne DE GELAS / Maxime Delvaux / Hugh Wurstemberger / Aurore Dal Mas / Quentin DEROUET / Genevieve ERREMBAULT / Nina LASSILA / Sebastien Marcq / Massao MASCARO / MARTINA MELILLI / Sandrine MORGANTE / Lucia Nimcova / Beata SZPARAGOWSKA / Stefan Vanthuyne / Chantal VEY / Chalotte WALKER.

[Le immagini, per gentile concessione di Martina Melilli, le potete trovare qui]

domenica 25 agosto 2013

Certezze

Oggi è una di quelle domeniche di fine estate un po' tristi.
Oggi, fuori, il cielo grigio minaccia di piovere e soffia un vento freddo. 


Qui, nel paese in cui abito io, c'è un odore che segna il momento in cui l'estate ormai sta per finire cedendo il posto all'autunno, un odore che nella mente è più forte anche delle immagini di foglie che si staccano dagli alberi cadendo a terra, degli stormi di uccelli che migrano verso sud e del fumo che comincia ad uscire dai camini. Un odore più vivo di quello dell'erba appena tagliata o delle mandorle caramellate che fanno alle sagre, delle caldarroste appena cucinate. Forse perchè più intenso, quasi fastidioso e che persiste durante l'arco di un'intera giornata, per mesi: l'odore dello zuccherificio, della lavorazione che trasforma la barbabietola a zucchero. Un odore forte ed acre, strano, ma a cui, anno dopo anno quasi ci si affeziona (almeno parlo per me -che vabbeh... ho la fortuna di non abitare poi così vicina allo zuccherificio-).
Qui, noi lo chiamiamo l' "odore dee polpe" e mi ha sempre fatto sorridere (e anche un po' schifo) come cosa.


































Io però ormai a sto posto ci sono legata, sono legata all'immagine della sua struttura che si presenta imponente e scarna come quasi tutti gli edifici industriali di inizio secolo, con la sua ciminiera alta, alta in mattoni e i suoi silos in acciaio e quel certo suo certo "nonchalance" nell'affacciarsi lungo le sponde del Bacchiglione, da renderla un'immagine così perfettamente pittoresca. Come un quadro Inglese.

Le mille luci che lo vestono la notte. Che lo vedi da lontano, lontano, quasi spettrale, da far paura, un'industria mai ferma, che lavora instancabile nottetempo.


























Ora racconto una piccola storia che è legata a questo edificio qui. E a me, chiaro.
Una cosa che credo porterò, nonostante la sua semplicità, dentro di me, come un ricordo quasi romantico. Sì, come la canzone QUASI d'amore di Guccini.

Qualche estate fa, penso siano passati due o tre anni (ho una memoria terribile), presi una cotta stratosferica per un ragazzo che lavorava allo zuccherificio , o come la gente di qui, nello slang dei Pontelongani, dice, "fazeva ea campagna".
Come la maggior parte dei lavoratori stagionali dello zuccherificio era turnista ed aveva tre tipi di turno differente, ognuno dei quali durava una settimana: quello la mattina, quello durante il giorno e quello la notte. Il turno della mattina iniziava alle 4 e terminava, se non ricordo male intorno alle 11.
La strada che quel ragazzo faceva per andare a lavoro passava proprio sotto casa mia, quindi, dopo esserci sentiti fino a notte tarda per messaggio lui mi disse che percorrendo quella strada avrebbe dato un colpo di clacson intonando l'inno nazionale russo una volta arrivato sotto al mio balcone. E io, molto (per i miei canoni) romanticamente, misi la sveglia e aspettai quel "colpo di clacson".

Aaaahhhh... che ricordi,li trovo dolci e super scemi allo stesso tempo. Che donnina idiota e come mi squaglio facilmente... sì, mi basta proprio poco.
Ad ogni modo anche quest'anno la "campagna" è cominciata e l'odore delle bietole, beh... quella rimane una delle poche certezze della vita che mi pre-annuncia l'arrivo dell'autunno. Olè!

giovedì 1 agosto 2013

La pigrizia

Spulciando qui e lì, 
perchè praticamente io sono iscritta a TUTTI i social network possibili, cominciando da Facebook (il peggio, ma che quello che alla fine "uso" di più), Twitter, Tumblr, Flickr, Instagram, Pinterest, Blogger, 20Lines e tra poco pure Wordpress (senza contare quelli che sto dimenticando -tipo Google Plus, per citarne uno a caso-; il fatto che presto dovrò curare il sito del nostro negozio; le Mail; Skype; Whatsapp i giornali on line; ecc...).



Ebbene sì, sono una persona fin troppo Social, io. Ma della categoria social che poco usa, alcuni account sono in stand-by da quasi subito dopo averli aperti, mentre altre volte "pratico" spesso, ma solo per un certo periodo.
Questo perchè alla fine, a starci dietro a ste cose, ci vuole fondamentalmente TEMPO. E tanto.
E la vita, è fatta di cose più concrete (anche se invidio chi attraverso il web riesce a campà).
Potrei dedicarmi a meno cose e curarle di più, questa sarebbe un'alternativa (e pure saggia, mi viene da pensare), ma non ci riesco, nel mondo del virtuale ci sono troppi collegamenti, e basta poggiarvisi sopra col cursore del mouse, fare click e ti ci catapulti subito dentro.

Tornando a noi, "seguo" (quando il tempo me lo permette), ma siccome ci sto "dentro, bella zio!" (scusate sta ironia spiccia-spiccia), potrei anche dire "sono follower" di una certa Dania in twitter.
Dal suo twitter mi sono invischiata nel suo Blog.
Bene, cosa scopro stamattina? Che se ne esce con l'ennesimo libro, che vabbeh, sarà pure più un racconto che un libro (viste le 78 pagine), ma ammiro profondamente quanto, attraverso la scrittura, sia riuscita a fare (vedi quello che ho scritto poco sopra e cioè, a campare).

[e poi ci sono tutte le altre categorie: quello delle Fashion Blogger, Food Blogger, quelli che tengono in piedi siti per auto-promuovere sè stessi, la maggior parte dei creativi oggi, insomma]



 [source]



Beh... fatto sta, che in un tempo davvero breve, se non sbaglio un paio di anni, Dania, o meglio Daniela Farnese, mi scrive ben 2 romanzi, più questo libricino. Senza contare i post del blog, i piccoli articoli con i suoi punti di vista a L'Unità, interviste, ecc.
Ed io? Io "gigiono" e mi odio per questo, perchè quando avrei tempo per fare davvero "qualcosa" in realtà lo spreco in mille piccole cose che possono nutrirmi di sapere, ma alla fine rubano tempo alla produzione di qualcosa di materiale e concreto.

Vorrei tornare a dipingere, vorrei leggere di più, vorrei scrivere. Lasciare qualcosa di tangibile di me, delle cose che mi passano per la testa e invece... guardo, guardo e guardo ancora.


Scusatemi lo sfogo, poco ve ne importerà... ma, se mi impegno e la pigrizia e le distrazioni smettono di prendere il sopravvento, forse qualcosa di tangibile riuscirò a farlo.
Poi penso che è estate ed è tutto più difficile, perchè le distrazioni salgono in maniera esponenziale... esci fuori con gli amici, vai al mare, ai concerti, ci sono aperitivi e feste. E il tempo passa, e... un altro giorno è andato. Però, se non altro, è stato vissuto.

martedì 2 luglio 2013

(le mie) Riflessioni Post La Nausea, Sartre

Ieri ho concluso la lettura de La nausea e da qui ho cominciato ad interessarmi e capire maggiormente determinati stili letterari e filosofici che ruotano attorno alla figura di Sartre.



Questo post avrà una funzione simile agli appunti che si prendevano a lezione e (mi) servono a fare “chiarezza” e a ricordare in futuro, ora che i quaderni non li uso quasi più (i meriti di quanto verrà scritto qui sotto, sono per lo più di Wikipedia).
Quindi, considerate che sono solo annotazioni di una povera autodidatta che si diletta (ma come suona bene questa frase, cos’è? Un’assonanza? Ho rimossa tutto il mio bagaglio culturale che mi forniva gli strumenti per analizzare un testo)…

All’esistenzialismo non ricordo più come mi sono approcciata, comunque da sola, al liceo non ci siamo arrivati. Però ho scoperto che Guccini (oltre a qualche altra figura che mi sta molto simpatica) è un esistenzialista e questo mi piace, quindi per sillogismo, non posso che abbracciare questo pensiero.

«Il mondo... questo grosso essere assurdo. Non ci si poteva nemmeno domandare da dove uscisse fuori, tutto questo, né come mai esisteva un mondo invece che niente. Non aveva senso, il mondo era presente dappertutto, davanti, dietro. Non c'era stato niente prima di esso. Niente. Non c'era stato un momento in cui esso avrebbe potuto non esistere. Era appunto questo che m'irritava: senza dubbio non c'era alcuna ragione perché esistesse, questa larva strisciante. Ma non era possibile che non esistesse. Era impensabile: per immaginare il nulla occorreva trovarcisi già, in pieno mondo, da vivo, con gli occhi spalancati, il nulla era solo un'idea nella mia testa, un'idea esistente, fluttuante in quella immensità: quel nulla non era venuto prima dell'esistenza, era un'esistenza come un'altra e apparsa dopo molte altre».
Jean-Paul Sartre, “La nausea”



Comincio col mio modo confusionario di aprire Parentesi e Regressioni come non ci fosse un domani. Il Caos regna sovrano in me.

IL PARNASSIANESIMO

(Perché me ne salto fuori con sta cosa qui?
Sartre si occupò di un progetto personale, un’anali della creazione letteraria del XIX secolo  e soprattutto dalla critica di Flaubert, un autore di cui non ha mai condiviso lo stile parnassiano.
[ Ecco che  capendo cosa non condivide, posso cogliere meglio il suo pensiero che gli si contrappone].)

·         Questo movimento è una reazione all'eccesso sentimentale del Romanticismo.
·         Esso esalta il riserbo e l'impersonalità;
·         Rigetta assolutamente l'impegno sociale e politico dell'artista. Per i Parnassiani l'arte non deve essere utile o virtuosa e il suo solo scopo è la bellezza. È la rinomata teoria de «l'art pour l'art» (L'arte per l'arte) di Théophile Gautier.

Ovvero: il concetto di arte per l'arte, l'arte deve essere giudicata con parametri estetici.


LO STRUTTURALISMO

Gli arguti intellettuali trancian pezzi e manuali, 
poi stremati fanno cure di cinismo, 
son pallidi nei visi e hanno deboli sorrisi 
solo se si parla di strutturalismo. 
In fondo mi sono simpatici 
da quando ho incontrato Descartes: 
ma pensa se le canzonette 
me le recensisse Roland Barthes!”
F. Guccini – Via Paolo Fabbri 43





Lo strutturalismo rifiuta il concetto di libertà e scelta umana e si concentra invece sul modo in cui l'esperienza e il comportamento umano sono determinati da varie strutture.
Lo strutturalismo è in qualche modo l'avversario dell'esistenzialismo: in effetti nello strutturalismo non c'è molto spazio per la libertà umana, essendo ogni uomo imbrigliato nelle strutture che lo sovrastano e sulle quali non ha presa.

Molto bene, presa coscienza di questo, attraverso concetti chiave (molto base, ma pur sempre utili), passo all’ESISTENZIALISMO. Ma quello ATEO di Sartre.

Il termine Esistenzialismo venne adottato da 
Jean-Paul Sartre il quale, il 29 ottobre 1945, discusse la propria posizione esistenzialista durante una conferenza al Club Maintenant di Parigi. La lezione fu pubblicata come L’existentialisme est un humanisme (L'esistenzialismo è un umanismo), un piccolo libro che contribuì molto a diffondere il pensiero esistenzialista.
Il tema principale posto in essa è la fondamentale 
libertà di realizzarsi di ogni uomo come uomo-dio e l'ineludibilità di rimanere sempre un dio-fallito. Ciò che evidenzia il fallimento è l'angoscia che attanaglia l'uomo nel vivere il suo esistere come una libertà fasulla, basata sul nulla.

L'esistenzialismo, che proclama la libertà totale, così come la responsabilità totale degli atti dell'uomo di fronte agli altri e a sé stesso
.


·         Contingenza dell'essere: il mondo è «assurdo», senza ragione. È «di troppo». Esiste semplicemente, senza «fondamento». Le cose e gli Uomini esistono di fatto, e non di diritto. (Vedere La nausea.)
·         L'Uomo è definito dalla coscienza. Ovvero ogni coscienza è coscienza di qualcosa (idea d'intenzionalità ripresa da Husserl). L'Uomo è dunque fondamentalmente aperto sul mondo, «incompleto», «girato verso», esistente (proiettato fuori di sé): c'è in lui un niente, un «foro nell'essere» suscettibile di ricevere gli oggetti del mondo.
La coscienza è ciò che non coincide mai con se stessi, ciò che è potenza di "nullificazione" (cioè di negazione, cioè d'azione) grazie all'immaginazione (che può pensare ciò che non è). La coscienza rende dunque il progetto possibile.
·        L'Uomo è assolutamente libero: egli non è nient'altro che ciò che egli fa della sua vita, egli è un progetto. L'esistenza precede l'essenza.
·        "L'Uomo è condannato ad essere libero": non impegnarsi è ancora una forma d'impegno, poiché se ne è responsabili.
Inoltre, Dio non esiste (e in ogni caso "se esistesse ciò non cambierebbe nulla"), per cui l’uomo è unica fonte di valore e di moralità; è condannato ad inventare la propria morale.
·        Rifiuto del concetto freudiano d'inconscio, sostituito con la nozione di «malafede»: l'inconscio non saprebbe diminuire l'assoluta libertà dell'Uomo.
Il criterio della morale non si trova dunque al livello delle "massime" (Kant) ma degli "atti". La «malafede», sul piano pratico, consiste nel dire: "quel che conta è l'intenzione".
·        Intersoggettività: il soggetto tende a fare degli altri un oggetto e a percepirsi come l'oggetto d'altri (esempio particolare del "gesto sporco" sorpreso mentre fatto di nascosto).
[immagine canta come se nessuno ti stesse ascoltando, danza come nessuno ti stesse guardando, ama come nessuno ti avesse mai ferito..]
L'uomo non vive se non in relazione all'altro, e l'"IO" sartriano non è più soggettivo ma oggettivo, in quanto è riferito ad ogni uomo in chiave universale.
Sintetizzando: siamo come una stanza con una finestra che si affaccia sul mondo esterno... e sta a noi, e solo a noi, decidere di aprirla.

LA NAUSEA

La nausea è quindi un romanzo filosofico nella misura in cui ripropone, sia pure in maniera del tutto originale, una specie di dualismo tra ciò che è cosciente e ciò che è incosciente. Per Sartre infatti la coscienza è l'elemento che distingue due categorie ontologiche distinte, appartenenti a due livelli ben distinti dell'essere.
La vita, secondo Roquentin (il protagonista del romanzo), nel momento in cui ci appare come un unico e inevitabile flusso di esperienze senza un senso proprio, provoca la grande vertigine della nausea. Si può dunque dire che Sartre lamenta il fatto che la realtà non ci dia significato da sé, ma che è la coscienza dell'uomo a doverglielo dare. In questa impresa l'uomo è del tutto solo, perché non c'è un Dio a cui fare riferimento e porre domande.
L'esistenza è di per sé già compiuta nella sua evidenza, l'esistenza è assoluta e gratuita.
La condizione di chi si sente esistere è già vissuta come un esistente, seppure assurda perché senza uno scopo apparente, viviamo per vivere e per morire, gli eventi ci vengono incontro come fenomeni e non possiamo dedurli se non vengono in contatto con il nostro Io.

Alcune citazioni
Ciò che non è assolutamente possibile è non scegliere.
Noi non abbiamo né dietro a noi, né dinanzi a noi, in un dominio luminoso dei valori, delle giustificazioni o delle scuse. Siamo soli, senza scuse.
Non facciamo quello che vogliamo e tuttavia siamo responsabili di quel che siamo.

Per ottenere una verità qualunque sul mio conto, bisogna che la ricavi tramite l' altro. L'altro è indispensabile alla mia esistenza, così come alla conoscenza che io ho di me.

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