domenica 25 agosto 2013

Certezze

Oggi è una di quelle domeniche di fine estate un po' tristi.
Oggi, fuori, il cielo grigio minaccia di piovere e soffia un vento freddo. 


Qui, nel paese in cui abito io, c'è un odore che segna il momento in cui l'estate ormai sta per finire cedendo il posto all'autunno, un odore che nella mente è più forte anche delle immagini di foglie che si staccano dagli alberi cadendo a terra, degli stormi di uccelli che migrano verso sud e del fumo che comincia ad uscire dai camini. Un odore più vivo di quello dell'erba appena tagliata o delle mandorle caramellate che fanno alle sagre, delle caldarroste appena cucinate. Forse perchè più intenso, quasi fastidioso e che persiste durante l'arco di un'intera giornata, per mesi: l'odore dello zuccherificio, della lavorazione che trasforma la barbabietola a zucchero. Un odore forte ed acre, strano, ma a cui, anno dopo anno quasi ci si affeziona (almeno parlo per me -che vabbeh... ho la fortuna di non abitare poi così vicina allo zuccherificio-).
Qui, noi lo chiamiamo l' "odore dee polpe" e mi ha sempre fatto sorridere (e anche un po' schifo) come cosa.


































Io però ormai a sto posto ci sono legata, sono legata all'immagine della sua struttura che si presenta imponente e scarna come quasi tutti gli edifici industriali di inizio secolo, con la sua ciminiera alta, alta in mattoni e i suoi silos in acciaio e quel certo suo certo "nonchalance" nell'affacciarsi lungo le sponde del Bacchiglione, da renderla un'immagine così perfettamente pittoresca. Come un quadro Inglese.

Le mille luci che lo vestono la notte. Che lo vedi da lontano, lontano, quasi spettrale, da far paura, un'industria mai ferma, che lavora instancabile nottetempo.


























Ora racconto una piccola storia che è legata a questo edificio qui. E a me, chiaro.
Una cosa che credo porterò, nonostante la sua semplicità, dentro di me, come un ricordo quasi romantico. Sì, come la canzone QUASI d'amore di Guccini.

Qualche estate fa, penso siano passati due o tre anni (ho una memoria terribile), presi una cotta stratosferica per un ragazzo che lavorava allo zuccherificio , o come la gente di qui, nello slang dei Pontelongani, dice, "fazeva ea campagna".
Come la maggior parte dei lavoratori stagionali dello zuccherificio era turnista ed aveva tre tipi di turno differente, ognuno dei quali durava una settimana: quello la mattina, quello durante il giorno e quello la notte. Il turno della mattina iniziava alle 4 e terminava, se non ricordo male intorno alle 11.
La strada che quel ragazzo faceva per andare a lavoro passava proprio sotto casa mia, quindi, dopo esserci sentiti fino a notte tarda per messaggio lui mi disse che percorrendo quella strada avrebbe dato un colpo di clacson intonando l'inno nazionale russo una volta arrivato sotto al mio balcone. E io, molto (per i miei canoni) romanticamente, misi la sveglia e aspettai quel "colpo di clacson".

Aaaahhhh... che ricordi,li trovo dolci e super scemi allo stesso tempo. Che donnina idiota e come mi squaglio facilmente... sì, mi basta proprio poco.
Ad ogni modo anche quest'anno la "campagna" è cominciata e l'odore delle bietole, beh... quella rimane una delle poche certezze della vita che mi pre-annuncia l'arrivo dell'autunno. Olè!

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